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LE FATE DI PIOGGIA

 

La leggenda principale di riferimento in questo racconto è quella delle fate di pioggia, esseri magici, quasi incorporei, che era possibile intravedere nei giorni di burrasca lungo le pareti di roccia del Monte Altissimo o del Monte Corchia, nelle Apuane meridionali. Questo, quantomeno, era ciò che credeva Fabio, il bambino protagonista del racconto. Tanto desideroso di incontrare queste fate, Fabio si lascia irretire da una misteriosa figura, scendendo fino alla Cascata dell'Acquapendente per recuperare la rugiada magica, che però verrà usata in malo modo, costringendo quindi il protagonista a una nuova avventura, un vero e proprio percorso di crescita e avventure lungo il Monte Nona, fino al confronto finale con l'oscura creatura che ha intessuto questo bell'inganno.

 

 

Quando Fabio era bambino, e viveva a Basati con la sua famiglia, credeva che gli uomini fossero destinati a diventare sordi. Colpa del vento, che soffiava forte dal Monte Corchia e dall’Altissimo, scuotendo le cime degli alberi e i tetti delle case, vorticando e sollevando nubi di polvere. Con quei momenti, gli abitanti del paese avevano imparato a convivere, girando imbacuccati nei loro giubbotti, tenendo stretti i cappelli di lana che le alacri mogli lavoravano davanti al fuoco. Erano tempi duri, quelli, e il lavoro nei campi e il taglio nei boschi non potevano interrompersi per un po’ di vento. Nello lo ricordava al fratello dandogli una botta in testa ogni volta in cui si fermava ad osservare il cielo.

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